sabato 9 febbraio 2019

Hobbes e lo stato assoluto


UNA PROSPETTIVA TEORICA RADICALE
Thomas Hobbes è una delle personalità più singolari del pensiero moderno e una figura che ancora oggi è significativa per la radicalità delle posizioni teoriche. Vissuto in uno dei periodi più instabili e sanguinosi della storia inglese, è assertore convinto dell'assolutismo regio, la concezione secondo cui al re, per diritto divino, spetta il potere assoluto, visto come l'unico baluardo contro l'inevitabile disordine a cui la società andrebbe incontro senza un governo monarchico che assommi in sé tutte le prerogative del dominio.



LA PROSPETTIVA MATERIALISTICA
Hobbes elabora una visione materialistica dell'universo in generale e dell'uomo.
Secondo lui i corpi sono l'unica realtà e il movimento è l'unico principio di spiegazione dei fenomeni naturali.
Da questo punto di vista anche l'attività mentale è ricondotta alla sensazione e al movimento: da questi due fattori derivano le immagini delle cose a cui vengono attribuiti dei nomi che vengono a loro volta connessi nei ragionamenti che fa l'uomo.
Dalle immagini degli oggetti deriva l'immaginazione, che non è nulla di immateriale, in quanto si occupa di connettere le sensazioni.
Collegando il concetto di ''corpo'' con quello ''animato'' e ''razionale'' otteniamo il concetto di ''uomo''; sottraendo ad esso il concetto ''razionale'' otteniamo quello ''animale''.
L'intelletto, per Hobbes, ha una funzione di computazione, in quanto collega i nomi attribuiti alle immagini delle cose grazie al linguaggio, il quale, a sua volta, svolge il duplice compito di memorizzazione e comunicazione.
Il linguaggio consente inoltre alla ragione di operare la generalizzazione necessaria alla costruzione della scienza.
E' grazie al linguaggio che possiamo esprimere il nostro pensiero.
Esso serve a far comprendere agli altri le cose che pensiamo e le connessioni che abbiamo stabilito tra esse.
Nella prospettiva materialistica hobbesiana anche i concetti di bene e di male sono conducibili alla corporeità, identificandosi con ciò che favorisce o danneggia la conservazione fisica dell'uomo.
La libertà, poi, si riduce alla ''libertà di fare ciò che la volontà ha deciso'', e non è mai ''libertà di volere'', essendo la volontà necessitata.


 LA TEORIA DELL'ASSOLUTISMO POLITICO
Le condizioni di benessere, per Hobbes, risiedono nella costituzione di un potere assoluto in grado di regolare e disciplinare gli istinti negativi dell'uomo, caratterizzati per natura di tendenze aggressive ed egoistiche.
Coerentemente con la visione materialistica Hobbes individua alcuni istinti fondamentali, come quello dell'autoconservazione, che spinge gli esseri umani ad agire sempre in vista del proprio utile. anche andando contro gli altri.
E' per questo che nello stato di natura (condizione che precede la formazione delle istituzioni e degli ordinamenti giuridici) regna la ''guerra di tutti contro tutti''. Si tratta di una situazione di massima libertà, ma anche di estrema insicurezza, in cui è messa a repentaglio la vita degli individui: ognuno ha un diritto illimitato sulle cose e non esita di certo ad usare la violenza per ottenerle o difenderle.
L'unica soluzione per uscire da questa situazione misera è seguire la via a noi indicata dalla ragione, la quale prescrive alcune leggi naturali fondamentali. Secondo tali indicazioni è razionale e opportuno che gli uomini sacrifichino i propri diritti naturali e costituiscano una società civile e politica.
A tal fine essi devono stabilire un patto di unione con cui le loro volontà convergono verso un medesimo obbiettivo, ossia la sopravvivenza collettiva; e un patto di sottomissione, grazie al quale cedono i propri diritti e poteri ad un uomo o ad un'assemblea di uomini, in grado di ridurre i diversi voleri ad una sola volontà.
Si tratta di un qualcosa di più di un semplice accordo.
Lo Stato (o Leviatano) che ne deriva ha un potere assoluto: esso deve emanare le leggi e farle rispettare punendo severamente chi le trasgredisce, ma non è obbligato ad obbedirvi a sua volta, essendo il patto stipulato dai sudditi tra loro e non con il sovrano. Esso ha inoltre il pieno controllo sulle azioni e opinioni di tutti e stabilisce i criteri del bene e del male.
Tuttavia, lo Stato ha anche dei limiti, in quanto non può emanare ordini che mettano a repentaglio la vita o l'incolumità fisica dei sudditi (sarebbe contrario al suo scopo di tutela della loro sicurezza), e deve lasciare un margine di libertà agli individui nella loro sfera privata.




IL LEVIATANO

Il Leviatano, o la materia, la forma e il potere di uno stato ecclesiastico e civile  è probabilmente il libro più conosciuto di Thomas Hobbes, pubblicato nel 1651 in inglese e nel 1658 in un'edizione riveduta in latino. Il titolo è ripreso dalla figura biblica del Leviatano. Il libro tratta il problema della legittimità e della forma dello Stato, rappresentato sulla copertina della prima edizione del testo come un gigante costituito da tanti singoli individui; il gigante regge in una mano una spada, simbolo del potere temporale, e nell'altra il pastorale, simbolo del potere religioso, a indicare che, secondo Hobbes, i due poteri non vanno separati. La filosofia politica di Thomas Hobbes è contenuta principalmente nel Leviatano, ma altrettanto importante è la trattazione contenuta nella precedente trattazione, il De cive e si fonda su due postulati, da cui si dipana l’intera trattazione:
- Ogni uomo è affetto da una bramosia naturale che lo porta a voler godere da solo di quei beni che dovrebbero essere comuni. Per Hobbes, quindi, l’uomo è un animale mosso meccanicisticamente da pulsioni egoistiche.
- Ogni uomo per natura ritiene la morte violenta il peggior male possibile e la sfugge in ogni modo; ovvero, in ogni uomo, sin dallo stato di natura, è insito l’impulso all’autoconservazione.

L’uomo quindi per Hobbes non è un animale politico o sociale: infatti, pur necessitando dell’aiuto degli altri, l’uomo non possiede un amore naturale per il suo simile. L’associazione in gruppi nasce così dal timore reciproco o dal bisogno, non certo dalla benevolenza. Il timore scaturisce dall’uguaglianza naturale degli uomini, che li porta a desiderare le medesime cose, e dall’antagonismo che deriva dai contrasti e dall’insufficienza di beni. Dati questi presupposti (l’uguaglianza naturale e la volontà di nuocere al prossimo) lo stato di natura è uno stato di guerra di tutti contro tutti, continua e costante; Hobbes lo definisce, con una celebre formula latina, bellum omnium contra omnes. Non essendoci legge, nello stato di natura non vi è nemmeno una distinzione di giusto e ingiusto e ciascun uomo ha diritto su qualsiasi cosa (ovvero, lo ius omnium in omnia), compresa la vita degli altri. Ma siccome l’istinto naturale dell’uomo lo porta a fuggire il male più grande che può concepire, cioè la morte violenta, e siccome lo stato di guerra continua non può che concludersi con la distruzione dell’umanità, la ragione umana, dotata della capacità di imparare dall’esperienza e provvedere al futuro, suggerisce l’adozione delle leggi e del vivere civile.
Per Hobbes, il primo di questi vincoli fondamentali è la legge naturale, ovverossia la proibizione di fare qualunque cosa provochi la distruzione della vita o l’impossibilità di avere i mezzi per conservarla al meglio. La legge naturale mira quindi a imporre all’uomo una disciplina che lo protegga dagli istinti antagonistici e che gli consenta di conseguire un miglioramento della propria vita (come del resto si prefigge di fare anche la filosofia). Da questi presupposti derivano tre leggi naturali:
- Conseguire la pace se ci sono i presupposti per ottenerla o, in caso contrario, prepararsi al meglio per la guerra; è un principio di natura utilitaristica.
- Se è necessario al conseguimento della pace, rinunciare al diritto su tutto e avere tanta libertà quanta ne hanno gli altri rispetto a ciascuno.
- Osservare la parola data.

La seconda legge è quella che porta al passaggio dallo stato di natura allo stato civile, ovvero a quel patto sociale mediante cui gli uomini rinunciano al “diritto su tutto” (ius in omnia) dello stato di natura trasferendolo a terzi in modo tale che, con la sottomissione della volontà di tutti, si realizzi uno stato che si ponga a difesa per tutti. Questo trasferimento porta così alla costituzione dello Stato, o persona civile, che ingloba in sé la volontà di tutti e colui che lo rappresenta è il sovrano, di cui ogni altro cittadino è suddito 1.
Hobbes diventa così il principale e più coerente teorico dell’assolutismo: il “patto” è irreversibile e unilaterale, in quanto il potere trasmesso al sovrano non può essere revocato dai cittadini, e il monarca non è sottoposto alla legge di natura, in quanto è lui stesso che legifera su ciò che si deve intendere per giusto o sbagliato. Il potere sovrano, inoltre, non è divisibile in poteri che si limitino vicendevolmente, poiché il loro accordo negherebbe la libertà dei cittadini e il disaccordo la guerra civile. Solo lo Stato può quindi distinguere il bene dal male, all’infuori di quei criteri particolari che ne dissolverebbero l’azione.

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