domenica 24 marzo 2019

L'empirismo inglese

L'empirismo, è la corrente filosofica, nata nella seconda metà del Seicento in Inghilterra, secondo cui la conoscenza umana deriva esclusivamente dai sensi o dall'esperienza. I maggiori esponenti dell'empirismo anglo-sassone furono John Locke, George Berkeley, e David Hume: costoro negavano che gli esseri umani avessero idee innate, o che qualcosa fosse conoscibile a prescindere dall'esperienza.
L'empirismo si sviluppò in contrapposizione al razionalismo, corrente filosofica il cui esponente principale è stato Cartesio. Secondo i razionalisti, la filosofia dovrebbe essere condotta tramite l'introspezione e il ragionamento deduttivo a priori. Secondo gli empiristi, invece, si considera alla base del metodo scientifico l'idea che le nostre teorie dovrebbero essere fondate sull'osservazione del mondo piuttosto che sull'intuito o sulla fede.
L'empirismo è una diversa tradizione di pensiero, secondo cui la ragione è impotente senza il ricorso all'esperienza e quindi è limitata e condizionata. Per l'empirismo la conoscenza si origina a partire dall'esperienza sensibile e la ragione non deve entrare nel territorio della metafisica.
                                                                                                                                               Gli empiristi utilizzano una forma di comunicazione chiara e semplice comprensibile dalle persone di buon senso. Isaac Newton fu il promotore del nuovo sapere e della rinnovata immagine della ragione. Grande influenza sul pensiero filosofico del Settecento, ebbero, in particolare, le sue "regole" metodologiche:
-la prima regola stabilisce che devono essere ammesse solo le cause sufficienti a spiegare il fenomeno;

- la seconda regola stabilisce che a effetti simili devono essere assegnate le medesime cause naturali;
-la terza regola invita stabilisce di attribuire ai fenomeni dello stesso genere la stesse cause;
- la quarta regola sostiene che nella filosofia sperimentale le proposizioni ricavate per induzione dai fenomeni devono essere considerate vere.
Isaac Newton non accetta le proposizioni che non sono deducibili logicamente dai fenomeni non avendo riscontro nella realtà. Gli empiristi non sono filosofi di professione, ma sono legati al mondo della scienza e del diritto. Secondo Locke accertare i poteri e i limiti dell'intelletto umano è utile per l'esistenza concreta. Una volta esaminata la potenzialità della mente ci si potrà occupare di quei campi che sono alla nostra portata e si potrà evitare l'atteggiamento di chi pretende di sapete o tutto o niente. Per individuare i limiti della ragione Hume esclude dalla filosofia e dalle indagini scientifiche tutte le questioni che vanno al di là degli strumenti conoscitivi dell'uomo.

John Locke è il padre dell'empirismo moderno. Nella sua ricerca Locke propone un'indagine delle facoltà conoscitive con l'obiettivo di stabilire le possibilità e i limiti. L'analisi delle facoltà conoscitive permette di maturare prospettive realistiche rispetto alle competenze che l'uomo potrà conseguire, e quindi potrà acquisire la consapevolezza che potrà ottenere un livello di conoscenza sufficiente che gli permetta di guidare nel modo migliore le sue azioni. La prima parte del Saggio sull'intelletto umano è dedicata alla critica delle idee innate, che consisteva nel ripulire il terreno dai detriti che si incontrano sul cammino della conoscenza. Secondo Locke vi sono idee o principi nella nostra mente che l'anima riceve fin dall'inizio della sua esistenza. Questa antichissima dottrina veniva dimostrata in base alla presenza di un certo numero di verità fondamentali in ogni uomo, sostenendo la tesi "E' impossibile che una cosa sia e non sia allo stesso tempo". 
Locke sostenne che tale tesi fosse falsa in quanto diceva che i bambini e gli idioti non hanno la minima nozione di simili principi intorno ai quali non esiste un consenso universale. Inoltre sosteneva che l'idea di Dio varia da individuo a individuo e inoltre molti popoli non la possiedono per nulla. Secondo Locke la disparità di vedute respingono l'innatismo facendo vedere la falsità delle argomentazioni che lo sostengono e ostacolano il progredire della conoscenza.
 Locke sosteneva che la conoscenza dipende interamente dall'esperienza, dalla quale derivano due tipologie di idee:                                                    

- le idee di sensazione;

- le idee di riflessione.

Le idee di sensazione provengono dagli oggetti esterni tramite i cinque sensi, attraverso i quali fin da piccoli possiamo riempire la nostra mente. Le idee di sensazione sono quelle che derivano dall'esperienza interna che comprende gli stati d'animo e le passioni. La sensazione e la riflessione sono le uniche fonti della nostra conoscenza. Le cognizioni dei bambini sono varie a seconda delle esperienze che essi fanno. Locke passa poi a trattare la distinzione tra le
- idee semplici; derivano dalle esperienze elementari e sono dotate di certezza
- idee complesse; provengono dall'elaborazione delle idee semplici e si distinguono in: 
- idee di modi; non sussistono di per sé ma sempre in relazione a una sostanza 
- idee di sostanze; sono riferite a qualcosa di esistente in sé che funge da sostrato
- idee di relazioni; derivano dal rapporto istituito tra idee semplici
Locke afferma che la conoscenza è circoscritta alle certezze sensibili, esterne o interiori, ed è probabile quindi a orientarsi nel mondo ma non assoluta. Le uniche certezze non sensibili sono quelle dell'io e di Dio. Locke deduce quindi una nuova immagine della ragione, non più assoluta e auto evidente, ma dotata di poteri finiti e limitati.

Leibniz e l'universo com organismo vivente

L'INSODDISFAZIONE PER IL MECCANICISMO

Leibniz si prodigò per la pace tra i popoli e le religioni, facendo proprio l'ideale dell'armonia universale, che costituisce la cifra di tutto il suo sistema filosofico. Egli ebbe un rapporto complesso con la sua epoca, fatto d'insoddisfazione per il meccanicismo allora dominante nella filosofia della scienza e d'intensa partecipazione alla vita sociale, politica e culturale. Fin da giovane la sua curiosità intellettuale s'indirizzò verso la filosofia, che egli intese come difesa della fede di Dio, contro la tendenza atea che si celava, nella scienza e nella filosofia moderne, dominate dalla pretesa di spiegare la natura meccanicamente, mediante la forma e il movimento dei corpi, facendo a meno di Dio e delle cause finali. Secondo Leibniz la fiducia nella scienza aveva condotto Hobbes all'empietà, ossia a sostenere l'impossibilità della dimostrazione razionale di Dio e dell'anima. Al contrario, la filosofia deve servire a rafforzare la fede, ed è proprio con l'obiettivo di difendere quest'ultima che Leibniz si applica allo studio della natura, in particolare all'analisi della struttura dei corpi.

IL RINNOVATO INTERESSE PER LE CAUSE FINALI

Il progetto leibniziano, consiste nell'interpretare i risultati della scienza moderna in una prospettiva che mostri i fini dell'universo. Leibniz concepisce un disegno, che da una parte, critica l'assolutismo del metodo della scienza e, dall'altra, riporta in primo piano il problema metafisico delle cause finali. In questo "processo" alla scienza moderna, egli opera un'inversione di tendenza rispetto a Galileo, bacone, Cartesio e Spinoza, e interpreta l'universo fisico muovendo dal modello umano, leggendolo in analogia con l'uomo, "ex analogia hominis".

Kant

Immanuel Kant è uno dei massimi esponenti del pensiero occidentale, a cui ha dato un'impronta nuova segnando una vera e propria svolta n...